L’opera d’arte tra produzione e scarto

Articolo contenuto nel volume:
Pensare il rovescio
Psicoanalisi in movimento
a cura di Alessandro Siciliano e Federico Chicchi
Galaad Edizioni, 2018

Estratto dall’articolo

L’argomento del quale oggi discutiamo – (a) come arte viva” – implica anzitutto una riflessione intorno all’oggetto (a), ponendo in particolare l’accento su un’identità a = arte. Il mio intervento prenderà quindi le mosse dall’opera d’arte considerata come oggetto (a), identificazione accolta da Jacques-Alain Miller in un suo contributo del 1988: “L’art doit etre mis, dasns la psychanalyse, au registre de la production, c’est-à-dire avant tout – et c’est dans la littérature que c’est le plus problématique – à titre d’object”. (1) Una simile impostazione del problema rimanda, inevitabilmente, alla teoria dei quattro discorsi. L’opera d’arte esprime infatti una produzione simbolica che è funzionale a un determinato discorso: occorre stabilire a quale discorso sia riconducibile e se possa assumenre differenti valenze in diversi discorsi. Se parliamo di opera d’arte come oggetto (a), il riferimento è, in prima battuta, al discorso del padrone o al discorso del capitalista, vale a dire a quei discorsi in cui l’oggetto (a) compare nel luogo della produzione.

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1) Jacques-Alain Miller, Sept remarques de JAM sur la création, in “La lettre mensuelle”, n. 68, 1988