Indici dell’oggetto a: opere d’arte, ex voto, reliquiari

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APPUNTI anno XV n.116

Il titolo che ho scelto per questo mio contributo risente moltissimo di alcune vicende personali che mi vedono collaborare con uno dei piu’ importanti archivi a livello internazionale di arte contemporanea, piu’ precisamente di neo-avanguardie. Nello specifico: Azionismo Viennese, Fluxus, Lettrismo, Poesia Concreta, Visiva, Sonora, etc. Questi movimenti, in particolare Fluxus e l’Azionismo Viennese, per lo meno nel primo periodo, hanno prodotto pochissime opere d’arte. Pochissime opere d’arte in senso tradizionale. Vale a dire che la produzione di opere vere e proprie, di oggetti, e’ stato molto marginale o incidentale. Il fare arte si sviluppava essenzialmente nella pratica della performance, nel caso di Fluxus, o di azioni, nel caso dell’Azionismo Viennese. La differenza sostanziale tra le due pratiche e’ che mentre nella performance il caso gioca un ruolo decisivo, l’azione viene sviluppata seguendo una partitura precisa. Entrambe pero’ non avevano come scopo la produzione di un oggetto, la produzione di un opera d’arte. Le opere, o meglio cio’ che e’ divantato tale, sono costituite dai resti, dagli scarti, da cio’ che rimane come testimonianza dell’avvenimento. Vale a dire che il piu’ delle volte non sono che delle semplici fotografie o dei video prodotti dagli spettatori, oppure sono degli oggetti utilizzati durante la performance dall’artista, o ancora, ed e’ a mio parere l’aspetto piu’ interessante, dei veri e propri detriti che rimangono al suolo alla fine della performance. Ne consegue che una collezione Fluxus o Azionista e’ costituita per la maggior parte da scarti, da resti che i collezionisti raccolgono come veri e propri feticci. Tutti questi oggetti scarto, una volta raccolti, vengono sottoposti ad una minuziosa opera di catalogazione e autenticazione che produce una serie di documenti, con tanto di timbri e firme degli autori, etc. etc. In pratica lo scarto feticcio viene sottoposto ad una vera e propria opera di ricognizione atta a trasformarlo in reliquia.
L’aspetto interessante di tutta questa operazione e’ che l’oggetto finale, sia esso fotografia, video o reliquiario, non e’ che un “oggetto di mercato”, voluto e confezionato piu’ sovente dal collezionista e/o dal mercante d’arte, che non dall’artista. Artista che, se partecipa alla creazione di tale oggetto, lo fa esclusivamente per il mercato. In definitiva l’opera vendibile non e’ che un oggetto feticcio che protegge il collezionista e/o il fruitore d’arte dal vuoto rappresentato nella performance. Detto questo possiamo affermare che la pratica della performance operata dalle neo-avanguardie ha prodotto un momento di rottura e di profonda crisi del sistema dell’arte (e del collezionismo). In fatti, cio’ che resta, l’oggetto di scarto prodotto durante una performance, non puo’ da solo reggere il discorso estetico messo in gioco dall’artista. L’oggetto resto, che entra nel mercato come “oggetto d’arte”, e’ spesso inutile, brutto e talvolta addirittura osceno, e non puo’ autonomamente rendere conto del tentativo di rappresentazione del sublime espresso nella performance. E’ un oggetto feticcio che protegge il collezionista e/o il fruitore d’arte dal vuoto rappresentato, donandogli la possibilita’ del godimento del’orrore nella forma del macabro (riscontrabile anche in gran parte dei reliquiari religiosi) o dell’invettiva. Un oggetto su cui si concentra tutto l’amore e/o tutto l’odio. Odio inteso come via per evitare il reale. Non e’ un caso che spesso tali pratiche artistiche siano liquidate come “non arte” e che ispirino ai fruitori occasionali le piu’ caustiche critiche. Del resto va ricordato che i principali artisti dell’Azionismo Viennese sono stati spesso oggetto di persecuzioni legali per oltraggio al pudore, immoralita’ e pornografia.
In definitiva: l’oggetto in se’ non basta. Serve una vasta produzione teorica. L’oggetto in se’ non puo’ essere opera d’arte se non e’ supportato dalla rigorosa costruzione di un sistema di sapere. Mentre un opera d’arte tradizionale, un quadro, una scultura, puo’ essere fruita per se’ stessa, rende cioe’ evidente un valore estetico formale intrinseco, l’oggetto reliquia ha bisogno di un sistema di sacralizzazione. Questa necessita’ nasce dalla stretta connessione che esiste tra la reliquia e il vuoto di cui e’ indice.
Veniamo ora a Lacan. E piu’ precisamente al suo VII seminario L’etica della psicoanalisi. In esso, come e’ noto, vengono indicate tre modalita’ di approccio al reale riconducibili alla scienza, alla religione e all’arte. Leggiamo il passo: “Vi dico sin da ora tre diversi modi con cui l’arte, la religione e il discorso della scienza si trovano ad avere a che fare con questo (…) Ogni arte si caratterizza per una certa modalita’ di organizzazione attorno a questo vuoto. Non credo che sia una formula inutile, malgrado il suo carattere generale, e che possa orientare coloro che si interessano alla delucidazione dei problemi dell’arte, e penso di essere in grado di illustrarvela con varie evidenti modalita’. La religione consiste in tutte le modalita’ di evitare questo vuoto. Lo possiamo dire forzando la nota dell’analisi freudiana, a partire dal fatto che Freud mette in rilievo i tratti ossessivi del comportamento religioso. Tuttavia, benche’ tutta la fase cerimoniale di quel che costituisce il corpo dei comportamenti religiosi entri in effetti in questo quadro, non possiamo essere del tutto soddisfatti di questa formula, e una parola come rispettare questo vuoto va forse oltre. A ogni modo, il vuoto resta al centro, ed e’ proprio per questo che si tratta di sublimazione. Quanto al terzo termine, ossia il discorso della scienza, avendo nella nostra tradizione origine dal discorso della saggezza, dal discorso della filosofia, in esso prende il suo pieno valore il termine impiegato da Freud a proposito della paranoia e del suo rapporto con la realta’ psichica – Unglauben.” (1)
Alla luce di questo, propongo di accostare quanto sviluppato finora rispetto all’oggetto d’arte prodotto in ambito Fluxus e Azionista alla religione, cioe’ all’evitamento dell’incontro con il reale, o meglio a rispettare questo vuoto come indica Lacan, tramite la sua ostentazione e “sacralizzazione” in opera d’arte. Per capirne meglio la portata penso sia utile ora riferirsi agli oggetti d’arte prodotti in ambito religioso. Tutti sappiamo che lo sviluppo dell’arte parte dall’arte funeraria. I primi oggetti d’arte hanno a che vedere con la sepoltura. Nascono e si sviluppano attorno al rito della sepoltura e quindi in stretto legame con l’istituzione del sacro. La bellezza e’ destinata a velare la morte in quanto inavvicinabile. Credo non sfugga a nessuno come le religioni abbiano, da sempre, elaborato l’inevitabilita’ della morte dandole un senso o mitigandone gli effetti con la promessa della vita eterna. Accanto ai riti funerari, tra i piu’ antichi riti elaborati dall’essere umano, ci sono i riti propiziatori. Riti per una buona caccia, o per un buon raccolto, ad esempio. Accanto a questi, una volta poi rientrati dalla caccia o dal raccolto ci sono, ci sono tuttora, i riti di ringraziamento. Mentre gli oggetti funerari sono da sempre considerati oggetti d’arte e hanno una loro precisa collocazione all’interno della storia dell’arte, gli oggetti prodotti per i riti propiziatori e in particolare per i riti di ringraziamento non hanno mai avuto la stessa valenza. Non solo. Mentre nei primisi e’ prodotto un lavoro di abbellimento, un lavoro estetizzante tramite l’utilizzo di materiali pregiati, etc., i secondi sono rimasti assolutamente integri nella loro crudezza (o crudelta’). E’ una cosa su cui dobbiamo porre la nostra attenzione. Sto parlando essenzialmente degli ex voto. Cioe’ di quegli oggetti che riproducono l’evento favorevole, sia esso un buon raccolto o una guarigione, per poterlo donare durante il rito di ringraziamento al proprio dio. Ebbene tutti questi oggetti sono sempre stati messi da parte, poco o per niente considerati dalla storia dell’arte. E, ripeto, non solo in fase di studio ma anche di produzione.
Che cosa sono gli ex voto ? Voglio dire, che oggetti sono ? (2) Sono piccoli o medi oggetti che spesso si concretizzano in immagini organiche, volgari, tanto sgradevoli da contemplare quanto diffuse. In fatti, attraversano il tempo con minime variazioni e sono comuni alle civilta’ piu’ disparate. Ma perche’ gli ex-voto sembrano del tutto inesistenti per la storia dell’arte ? Sono insignificanti ? Piuttosto concretizzano un malessere e una messa in crisi.
Malessere nel vederli.
Messa in crisi dei modelli estetici.
Malessere nel vederli perche’, come gia’ ricordato, sono oggetti volgari, rappresentano parti del corpo umano, magari le meno nobili, oppure, nel caso si tratti di piccoli quadretti, le scene sono dipinte in modo infantile, scarno. In ogni caso, che si tratti di oggetti o di scenette dipinte, sono sempre dimessi, sciatti, trascurati, grossolani, rozzi e pacchiani. Rappresentano parti malate, putrefatte, eventi sanguinosi, spaventosi, etc. Tutto cio’ provoca una messa in crisi dei modelli estetici che, almeno dal Settecento, si riferiscono al concetto di bello. Gli ex voto sono effettivamente brutti. Lo stesso si puo’ dire di quegli oggetti, opere o fetish, prodotte dalle neo-avanguardie a cui ho accennato all’inizio del mio intervento. Del resto e’ per questo che ve ne parlo. Forse attraverso gli ex voto possiamo capire come tali oggetti siano entrati a pieno titolo nel mercato dell’arte. Ma torniamo agli ex voto.
Gli ex voto hanno delle caratteristiche, oltre quelle gia’ dette, che dovrebbero ancor di piu’ attirare la nostra attenzione.
Prima caratteristica. L’ex voto rappresenta sempre un oggetto che e’ stato toccato da un evento supremo, da un sintomo guarito. E’, in effetti, un resto di prove organiche elaborate psichicamente. E’ cio’ che resta della malattia, l’immagine concreta, materializzata, della malattia guarita, o da guarire. Ricordiamoci che gli ex voto vengono utilizzati anche nelle preghiere di guarigione.
Seconda. L’ex voto rappresenta un oggetto a cui si tiene o da cui si e’ tenuti, posseduti. E’ evidente che la malattia puo’ dominarci come e’ evidente che ci sono parti del corpo a cui teniamo in particolar modo.
Infine, terza caratteristica, cosa non indifferente, e’ un oggetto di dono.
Giunti a questo punto dobbiamo fare una piccola digressione per poter meglio considerare la materia con cui storicamente sono stati realizzati la maggior parte degli ex voto: la cera. La cera e’ un materiale adatto ad ogni plasticita’, in questo senso la cera si presta perfettamente a ogni labilita’ del sintomo che l’oggetto votivo tenta magicamente di inglobare, guarire, trasfigurare. La cera appare, scompare e puo’ costantemente riapparire fissandosi in nuove figure organiche. E’ polivalente, riproducibile e metamorfica, esattamente come i sintomi che essa ha il compito sia di rappresentare che di scongiurare. Permette un guadagno di carne, che fa sussistere o sostituisce: per somiglianza ma anche per contatto. Guadagno di tempo in quanto lo zoppo puo’ donare una stampella o una gamba di cera a titolo propiziatorio. Guadagni di tempo e di carne rivelano la cera come un materiale capace di funzionare psichicamente come un materiale del desiderio. La cera e l’ex-voto danno forma organica al desiderio, cioe’ ad un tempo psichico. L’ex-voto rappresenta il sintomo e la preghiera, il punto in cui si soffre e la’ dove si vuole essere guarito, trasformato. L’ex voto, cosa assolutamente di primo ordine, da tenere in forte considerazione, rappresenta essenzialmente la’ dove ci si sente carne. Ogni immagine, in questo ambito, ha il compito di riunire un aspetto molto simbolico o contrattuale, di manipolare da una parte il rapporto con l’Altro, la relazione do ut des e, dall’altra, l’aspetto sempre immediato e reale, molto carnale, della situazione votiva.
Per fare un ulteriore passo credo sia opportuno ritornare a Lacan. Nel Seminario X L’angoscia ed esattamente nel primo capitolo dell’ultima parte intitolata: Le cinque forme dell’oggetto a Lacan afferma che l’oggetto a in quanto oggetto perduto e’: “Oggetto perduto ai diversi livelli dell’esperienza corporea in cui si produce il suo taglio: e’ esso il supporto, il substrato autentico, di ogni funzione della causa. E’ il caso di ricordare che questa parte e’ corpo e che noi siamo oggettuali: il che vuol dire che siamo oggetti del desiderio solo in quanto corpi. E’ un punto essenziale da ricordare, dato che fare appello a qualcos’altro, a un qualche sostituto e’ uno dei campi creatori della negazione. Il desiderio resta sempre, in ultima istanza, desiderio del corpo, desiderio del corpo dell’Altro, e nient’altro che desiderio del suo corpo.” (3)
E’ alla luce di questo che propongo di leggere l’ex voto come indice dell’oggetto a. Indice in quanto segno legato alla cosa che rappresenta perche’ ne e’ parte.
Alla fine di questo mio intervento, come conclusione provvisoria, vorrei tornare all’arte contemporanea da cui sono partito. Se l’ex voto e’ paragonabile all’oggetto feticcio opera d’arte, se l’ex voto ha un stretto legame con il sintomo, ne e’ una forma di trattamento, a quale discorso puo’ essere ricondotto ? Alla religione, alla scienza, all’arte o a qualcosa d’altro? Voglio dire: l’ostentazione del reale in gioco che caratterizza sia l’ex voto che alcune opere d’arte a che cosa e’ funzionale ? All’evitamento, alla forclusione o alla sua bordatura ?

Note:
1 – Jacques Lacan – Il seminario Libro VII. L’etica della psicoanalisi – Torino, Einaudi, 1994 – pag. 165/166
2 – Per approfondire il tema segnalo la recente pubblicazine di: Geroges Didi- Huberman – Ex voto – Milano, Raffaello Cortina, 2007
3 – Jacques Lacan – Il seminario Libro X. L’angoscia – Torino, Einaudi, 2007 – pag. 233